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La difficoltà scolastica: percorsi attivabili.


La scuola da tempo rappresenta la seconda fondamentale agenzia educativa, dopo il nucleo familiare di origine, ed il più esteso filtro sociale e sanitario presente sul territorio per ciò che riguarda la età evolutiva.      Questo lo si deve, naturalmente, alla esistenza dell’obbligo scolastico, attualmente esteso dai 6 ai 16 anni di età. 
Oggi vorrei parlare della cosiddetta “difficoltà scolastica”: locuzione con la quale si fa riferimento ad una diversificata gamma di disturbi aventi come unico denominatore comune l’insuccesso scolastico.
Per il momento escluderei le patologie gravi e conclamate di natura neurologica e/o psichica, che abitualmente vengono diagnosticate nella prima infanzia e comunque prima dell’inizio della scuola dell’obbligo, sicché i bambini giungono  a scuola già con una diagnosi definita e relativa richiesta dei supporti necessari alla integrazione scolastica.
Desidero invece soffermarmi sulle situazioni che vengono rilevate e segnalate nel corso delle prime classi della istruzione elementare dalle insegnanti, per difficoltà di adattamento alla disciplina scolastica, difficoltà ad apprendere e/o a socializzare.   
         
Risultano così inclusi:
-         -   i ritardi cognitivi lievi,
-        -    i disturbi specifici di apprendimento (DSA),
-        -    la marginalità intellettiva,
-        -    la grave deprivazione socioculturale
-        -   alcuni disturbi della sfera affettiva di minore rilevanza clinica.

Il mio scopo in questo intervento è di mettere a fuoco, intanto, l’esistenza di queste cinque diverse categorie in rapporto soprattutto alla diversa possibilità di attivazione di specifici percorsi di supporto, consentiti e richiesti dalla attuale norma legislativa. Le difficoltà saranno riconoscibili in tutte le diverse situazioni indicate, ma non è stata finora codificata una risposta adeguata per  ciascuna  condizione. 
Proviamo a ripercorrere lo schema:
-         -  Nel ritardo cognitivo lieve può essere attivata la procedura per il riconoscimento della situazione di handicap, ai sensi della legge 104/92 ai fini dell’ottenimento del sostegno scolastico, con stesura di una programmazione calibrata in rapporto alle risorse dell’allievo. È inoltre possibile inserire il bambino in progetti riabilitativi specifici ( logopedia) specialmente mirati all’arricchimento del linguaggio, al potenziamento delle capacità attentive e mnemoniche, nonché all’acquisizione degli apprendimenti basilari di letto scrittura. Se la diagnosi è corretta, il disturbo costituisce una condizione “cronica” e pertanto i supporti di carattere educativo ed abilitativo devono essere forniti e limitati ala fascia d’età che corrisponde al raggiungimento degli obiettivi di base suindicati.

-        -   Per i DSA non è possibile utilizzare il percorso della L. 104/92, non essendo queste condizioni annoverate tra i disturbi che costituiscono un handicap: esistono, tuttavia, tanto la possibilità di inserimento negli specifici progetti abilitativi da parte del SSN, quanto la possibilità di utilizzare in ambito scolastico strumenti facilitanti e protocolli di valutazione mirati ad ottimizzare gli apprendimenti  di questi allievi (legge 8/10/2010, n. 170).

-         -  La marginalità intellettiva è classificata nel DSM IV (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) col codice R41.8 ed associata a 71<Q.I.<84: non rientra pertanto nella diagnosi di ritardo mentale, né nei benefici della L. 104/92,  ma sicuramente può causare insuccesso scolastico. Per questo tipo di situazione non esistono oggi protocolli ed indicazioni specifiche, ma potrà essere necessario elaborare progetti diversificati nei singoli casi, in base anche a situazioni contestuali, disturbi e/o condizioni concomitanti, etc.

-        -   La grave deprivazione socio ambientale (analfabetismo dei genitori, completo disinvestimento familiare sull’impegno scolastico con conseguente incapacità del bambino di svolgere le normali attività di verifica e consolidamento degli apprendimenti nel lavoro  a casa, etc.) è spesso causa di segnalazione da parte degli insegnanti ed anche qui non esistono protocolli e normative di orientamento. Potrebbe tuttavia risultare pertinente una presa in carico da parte di servizi di educativa territoriale forniti dal comune.

-         -  La stessa situazione si ripete per alcuni disturbi minori della sfera affettiva capaci di incidere, anche solo per periodi limitati, sulla attenzione e sulla motivazione dell’allievo in misura tale da determinare insuccesso. In questi casi una psicodiagnosi approfondita cui facciano seguito indicazioni appropriate per i provvedimenti utili in ambito familiare, scolastico e sanitario, può rappresentare un primo passo verso il superamento delle difficoltà.

I disturbi indicati agli ultimi due punti sono identificati nel DSM IV,  che li inquadra genericamente come “problema scolastico” (cod. Z55.8) in assenza di altra diagnosi.


Con questa schematizzazione ho voluto  soltanto proporre una messa a punto delle problematiche più frequenti, ma proprio lo schema può rappresentare un riferimento. 
È infatti impensabile che la scuola possa affrontare qualsiasi tipo di problematica ricorrendo sempre all’unica risorsa del sostegno scolastico, ma è piuttosto necessario che l’istituzione scolastica si attrezzi con risorse e personale qualificato,  rendendosi così capace di offrire strumenti e supporti adeguati a ciascuna diversa situazione.


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