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Il bambino epilettico a scuola

11/07/2013


L'Epilessia è uno di quelle tematiche sulle quali siamo portati a credere che sia già stato detto e fatto tutto quanto sia possibile dire e fare, salvo poi scoprire, ormai non più inaspettatamente, che si tratta di uno di quei disturbi che ancora evocano profonde angosce  e pregiudizi ancestrali.
Nell'antichità l'attacco epilettico, in particolare la crisi di grande male generalizzata, veniva considerato una manifestazione del maligno e spesso oggetto di esorcismo, probabilmente non veniva neanche distinto dall'attacco isterico e comunque non si conoscevano cure.
Oggi, malgrado tutti i progressi della medicina, le crisi convulsive, specie quelle maggiori, non rappresentando di fatto, una esperienza tanto comune, continuano a produrre un violento impatto emotivo in chi ha occasione di osservarle per la prima volta, per le caratteristiche di incontrollabilità  e suggestione di morte imminente che  figurano nella percezione immediata di chi guarda.
Il primo problema  da affrontare infatti in chi deve gestire la crisi  epilettica continua ad essere proprio questo vissuto angoscioso quanto frequente nell'osservatore inesperto.

Che cosa è realmente l'Epilessia? Per dirla in termini semplici e comprensibili, possiamo considerarla una scarica elettrica cerebrale, diciamo così "anomala" che può rimanere focalizzata o diffondersi a tutto il cervello e che in effetti è soltanto espressione di una particolare suscettibilità delle cellule nervose.
Questo modo di reagire, produrre cioè questo genere di scariche, è osservabile in ogni cervello, anche nel mio e nel vostro: se io subisco un elettroshock, ad esempio,  il mio cervello reagisce con una crisi epilettica generalizzata, tipo grande male e lo stesso può accadere se mi vengono somministrati alcuni farmaci, cosiddetti convulsivanti,  ma non soltanto:  una crisi isolata, potrebbe capitare "naturalmente" anche senza alcun artificio  in situazioni di particolare stress, deprivazione di sonno,  abuso di alcolici ed insomma  tutte quelle condizioni che normalmente funzionano anche  da fattori critici scatenanti nei  soggetti diagnosticati come epilettici.
Tutti quindi possiamo produrre una crisi epilettica, ma non tutti siamo epilettici: perché?
La differenza sta nella soglia di tolleranza che le cellule nervose di un dato individuo hanno rispetto ad alcuni stimoli potenzialmente convulsivanti. Ciò non deve stupirci: la questione della soglia di tolleranza è uno spartiacque fondamentale per molti disturbi, anche psichici. Ovviamente se vi sono assetti genetici particolarmente sensibili o cicatrici che irritano il tessuto nervoso circostante, la soglia di tolleranza sarà bassa ed in questi casi il soggetto reagirà con crisi convulsive con una certa frequenza: quando questo accade possiamo dire che si tratta di epilessia vera e propria.
Andiamo a precisare  che i bambini con diagnosi di Epilessia, normalmente sono anche in trattamento farmacologico, il che di solito (e per fortuna) non ci consente di osservare una crisi maggiore, di quelle tonico cloniche generalizzate (il male oscuro della letteratura). La farmacoterapia al giorno d'oggi ottiene il controllo delle crisi nella maggior parte dei casi, ma in circa un 20% dei casi l'Epilessia è farmaco resistente.

Un pregiudizio ancora  diffuso tra gli insegnanti è che il bambino epilettico sia anche ritardato o debba presentare difficoltà di apprendimento: nella maggior parte dei casi invece non è così, specialmente nel caso delle epilessie cosiddette "benigne", dove i bambini sono normodotati praticamente sempre! Naturalmente se il bimbo continua a presentare crisi di "piccolo male" "assenza" facilmente perde attenzione e questo può incidere negativamente sugli apprendimenti: di solito però si tratta di forme ben controllate dai farmaci.

Tra i problemi che più frequentemente si presentano nella integrazione scolastica del bambino epilettico, vi è il nodo della somministrazione dei farmaci: al momento il numero di somministrazioni delle terapie quotidiane è tale da limitare l'assunzione del medicinale all'ambito domestico, ma quando la medicina deve essere somministrata anche a scuola è necessario disporre di una prescrizione medica precisa e dettagliata che va  conservata insieme con le confezioni di medicinali.
Gli operatori scolastici sono tenuti a rispettare le norme di conservazione indicate nella confezione ed ovviamente a controllare la scadenza del farmaco fornito dai familiari.
La somministrazione per via orale non richiede competenze infermieristiche.
Molte difficoltà nascono quando si richiede alla scuola di farsi carico della somministrazione della terapia di urgenza in caso di crisi: questo genere di richiesta genera timori e non pochi palleggiamenti di responsabilità.
Il malumore creato intorno a questa circostanza può avere un impatto negativo nella relazione che il piccolo ed i suoi familiari riescono a stabilire con l'istituzione scolastica, tanto che la cosa può infine essere vissuta come discriminante e penalizzante, per cui è sempre opportuno evitare polemiche e provvedere invece a documentarsi ed attrezzarsi.
Attualmente le preparazioni usate per l'emergenza sono già pronte per l'uso come perette da dare per via endorettale: qualsiasi madre e presumibilmente anche qualsiasi operatore scolastico, indipendentemente dal suo livello culturale, è in grado di somministrare il farmaco!  La via endorettale nel bambino consente un rapido assorbimento ed ancora una volta non richiede competenze particolari e specifiche.
La peretta prescritta contiene già la dose giusta per quel bambino (questo è un problema del medico).

Nell'immediato il problema della tempestività dell'intervento si pone soprattutto nel caso delle crisi maggiori tonico cloniche  per cercare di evitare che il bimbo possa farsi male (specie la testa!) nella caduta o mordersi la lingua quando serra il morso. Può andare bene se riusciamo ad infilare un fazzoletto piegato tra i denti e se possiamo prevenire o evitare gli urti violenti. Se la crisi finisce, come di solito avviene, nel giro di uno due minuti, può non essere necessario somministrare il farmaco di urgenza, se invece si protrae più a lungo è doveroso intervenire: crisi prolungate possono causare danni irreversibili.
Se l'ambulanza è nel traffico, la crisi persiste e noi  disponiamo di farmaco e prescrizione, rifiutare l'intervento sarebbe semplicemente un atto criminale.


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