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Contenzione fisica in psichiatria: le responsabilità istituzionali

Torna all'onore delle cronache il problema della contenzione fisica in psichiatria: ne ha parlato ieri l'Espresso a proposito di una sentenza di assoluzione in secondo grado, dei  medici che hanno "assistito" nel Servizio Per Diagnosi e Cura (SPDC) di Cagliari Giuseppe Casu, ricoverato in regime di TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e deceduto dopo una settimana di degenza nel corso della quale era sempre rimasto legato al letto. I fatti risalgono al 2006: Giuseppe Casu faceva il venditore ambulante e fu ricoverato il 15 giugno in seguito ad una grave crisi di agitazione psicomotoria, scatenata da una contravvenzione (non la prima) elevatagli dai vigili urbani per abusivismo nell'esercizio della vendita.

I fatti, come si svolsero allora, sono accuratamente descritti nell'articolo di Diritto Penale pubblicato lo scorso Febbraio. In sintesi: Casu esercitava abusivamente l'attività di venditore ambulante ed era già stato multato il giorno precedente, il 15 giugno di fronte agli agenti della polizia municipale che, sorprendendolo nuovamente sprovvisto di licenza, gli comminavano ancora una volta una ulteriore sanzione, perse completamente il controllo cominciando ad inveire con lancio di oggetti non solo contro gli agenti, ma anche contro i passanti e le autovetture in transito. Sul posto giunsero immediatamente il medico curante di Casu, il medico di guardia del Dipartimento di Salute mentale più vicino e due infermieri: a fronte della impossibilità di comunicare e calmare in alcun modo la persona in preda a crisi di agitazione, ne venne disposto il TSO effettuato presso l'Ospedale SS. Trinità di Cagliari.
Condotto all'interno della struttura ospedaliera, Casu persisteva nel suo stato di agitazione, mettendo in atto condotte aggressive sia etero che autodirette, producendosi tra l'altro tumefazioni alle mani per i violenti pugni sferrati nel muro. In questa situazione i medici decisero di utilizzare la contenzione fisica: il paziente fu immobilizzato assicurandolo al letto con una fascia pettorale e legacci ai polsi ed alle caviglie e venne inoltre massicciamente sedato con psicofarmaci. Risulta che la fascia pettorale venne rimossa al secondo giorno di degenza, mentre venne conservata la immobilizzazione a polsi e caviglie.
Il 22 giugno, al settimo giorno di ricovero Giuseppe Casu è deceduto.
La figlia, Natascia, ha intrapreso all'epoca un'azione legale contro i medici, considerandoli responsabili della morte del padre per la contenzione eccessivamente prolungata: i familiari tuttavia erano consapevoli del trattamento in corso e si erano "fidati" del personale sanitario, il paziente veniva quotidianamente slegato per il tempo necessario alle sue operazioni igieniche.
La causa di morte dichiarata dall'ospedale era una tromboembolia polmonare, ma l'anatomopatologo responsabile del referto autoptico venne inquisito per avere alterato i risultati degli esami, sostituendo alcuni tessuti con altri prelevati da un diverso cadavere: assolto in primo grado, è stato condannato in appello, tuttavia, non essendo completato il terzo grado di giudizio, quanto acquisito in questo procedimento parallelo, non può essere utilizzato come elemento probatorio nel processo a carico dei medici dell'Spdc.
I medici  già assolti  in primo vengono assolti anche in secondo grado e giustificano la contenzione per il sovraffollamento della struttura e la carenza di personale.
Nel resoconto dell'Espresso risulta che Casu fosse in trattamento continuativo con farmaci antiepilettici e che gli fosse stato diagnosticato in passato un disturbo di personalità.

Allora .... vorrei fare due considerazioni.

La prima: per quanto odiosa sia, è improbabile che la contenzione fisica in questo caso abbia qualcosa a che vedere con le cause di morte, essendo limitata ai polsi ed alle caviglie. Si usavano una volta nei manicomi alcuni tipi di contenzione suscettibili di provocare soffocamento, ma non sembra sia questo il caso.
Sotto il profilo etico i medici sono responsabili per la contenzione, ma lo sarebbero stati anche se il paziente avendo libertà di movimento, avesse messo in atto condotte lesive della propria o altrui incolumità e sembra di capire che non disponevano di risorse né strutturali (sovraffollamento) né di personale adeguate (al di sotto dell'organico previsto) per gestire diversamente la complessità delle situazioni presenti in ospedale.

La seconda: il tentativo di alterazione dei referti autoptici depone per una colpa, che forse sarà da ricercare nel cocktail farmacologico somministrato, essendo notoriamente una faccenda assai delicata gestire una terapia con neurolettici in un paziente epilettico ed in trattamento con anticonvulsivanti.

Rispetto al problema della contenzione le responsabilità sono delle istituzioni: non potrei accusare una maestra di offrire una porzione scarsa per la merenda degli scolari se la poveretta non riceve dalla scuola denaro sufficiente per acquistare una merenda sostanziosa per tutti, né posso accusare i medici della contenzione se essi non dispongono di spazi e risorse di personale sufficienti per riuscire a gestire diversamente la situazione.
Insomma il problema è sempre di natura economica: l'operatore di prima linea  si trova  in una situazione di duble bond tra un potere legislativo che gli impone determinati standard di qualità ed un potere esecutivo che continua ad imperversare con i tagli ai servizi, entrambi gli addebitano le responsabilità per le proprie scelte, guarda caso, non compatibili fra loro (sia detto per inciso).

Commenti

  1. ".... né posso accusare i medici della contenzione se essi non dispongono di spazi e risorse di personale sufficienti per riuscire a gestire diversamente la situazione." Caro signore, alla carenza di personale e di spazi si provvede già con la contenzione farmacologia! La contenzione fisica che si aggiunge a quella farmacologica è una barbarie, è una vera e propria tortura. Quasi sempre viene praticata una contenzione di comodo e così il personale del reparto ad es. di notte può tranquillamente riposare mettendosi a dormire.

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  2. Comprendo perfettamente il suo punto di vista sig. Serra e lo condivido: l'uso e soprattutto l'abuso, della contenzione fisica è ingiustificabile! Mi consenta tuttavia di farle notare che in alcuni momenti (ad es. un paziente agitato che rifiuta la somministrazione dei farmaci, un paziente non adeguatamente controllato con i farmaci ed in condizione di continuo rischio) diventa inevitabile. Ora può darsi che lo staff di quel reparto non volesse dormire, ma fosse realmente in carenza di personale ed il paziente in questione non era l'unico da sorvegliare. Lei ha esperienza di reparti psichiatrici?

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