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La catena del genocidio e dell'odio

L'amarezza e l'impotenza della coscienza  di fronte alla storia di guerre, violenze, torture ed abomini di ogni sorta che dai primordi hanno scandito la vicenda dell'umanità è cosa difficile da spiegare, ma anche solo da contenere nell'animo, perciò, giusto perché questo resta pur sempre il meccanismo di difesa più elementare ed efficace, noi rimuoviamo: lo facciamo nel senso tecnico del termine ovvero cancelliamo dalla nostra consapevolezza una realtà che se presente alla coscienza ci causerebbe una sofferenza eccessiva.
Non cancelliamo completamente: in qualche angolo recondito del nostro subconscio rimane sedimentata una verità che non possiamo accettare e/o che rifiutiamo di sapere.

Si è parlato ieri e si continua a parlare oggi del ragazzo sedicenne bruciato vivo (come usava ai tempi della più feroce inquisizione religiosa per le streghe e gli eretici) a Gerusalemme est, per la "colpa" di essere un palestinese  e nel frattempo gira in rete il video dell'altro ragazzo, un cugino del primo, pestato in malo modo da militari israeliani nel corso delle rappresaglie militari che hanno fatto seguito al rapimento ed all'uccisione di tre giovani israeliani: episodio per il quale Hamas ha negato ogni responsabilità (ndr). 

Anche nel caso della strage di Sabra e Shatila a ben ricordare, era stata gettata sui palestinesi  la colpa di un omicidio, quello di Gemayel, presidente libanese: naturalmente i profughi indifesi dei campi di Sabra e Shatila non c'entravano proprio nulla, ma erano donne, vecchi e bambini e dunque nulla di più facile che accusarli e trucidarli.


 Sembra che la storia sia destinata a ripetersi: tra i servizi segreti dei vari stati e fazioni in guerra fra loro e più o meno in combutta con le potenze occidentali e relative  industrie belliche, tra la gente esasperata e ridotta alla fame e senza un tetto a causa della continua espansione degli insediamenti israeliani (gente  che in queste condizioni può divenire capace compiere del tutto individualmente anche gesti estremi, tanto non ha più da perdere né vita, né dignità) tra tutti i vari giochi politici e diplomatici, con gli interessi petroliferi nelle aree vicine, anch'esse in guerra permanente, tra tutti questi elementi confusi dico:

chi credete che fosse responsabile della morte dei tre giovani israeliani?
Mohammed Abu Khdeir? 
Lui a 16 anni, palestinese di nascita e profugo nella sua terra?

Neanche un esponente dell'estrema destra sionista potrebbe credere ad una assurdità del genere, ma ... l'occasione è buona anche questa volta per liberare qualche altra lingua di terra dai suoi fastidiosi abitanti e fare spazio ai coloni israeliani.
Una cosa che in fondo ricorda anche lo sterminio dei cosiddetti indiani d'America da parte dei coloni inglesi: all'epoca non vi fu integrazione e mescolanza con i residenti del luogo, essi furono semplicemente sterminati e ridotti alla fame nelle "riserve",  il che spiegherebbe anche in parte, la convinta alleanza o connivenza che dir si voglia che gli USA hanno sempre speso per Israele.

Dal 1948 ad oggi i confini dello stato ebraico hanno continuato sempre ad espandersi e la terra liberata per i nuovi insediamenti è sempre stata svuotata uccidendo chi vi abitava prima. 
Dal 1948 ad oggi sono 66 anni durante i quali il genocidio non si è mai fermato, malgrado ciclicamente qualche potenza occidentale provi a mettere veti e paletti che vengono sistematicamente violati da Israele.

Ora, sia chiaro, gli ebrei hanno subito una persecuzione ed un genocidio in Europa, ma l'Europa non laverà la propria coscienza col sangue della Palestina: continuerà solo a macchiarla indelebilmente.

Questa specie di catena del genocidio mi ricorda quella della violenza familiare, dell'abuso e della pedofilia: un bambino abusato  che riesca, malgrado tutto, a strutturarsi (patologicamente) e crescere, ha maggiori probabilità rispetto ad altri, di diventare un abusante, quando diventa un abusante però meriterà di essere assicurato alla giustizia ed essere messo in condizioni di non nuocere.
Certo sarà riabilitato (se possibile) gli si offrirà la possibilità di elaborare la propria esperienza e di superarne gli impatti traumatici, benché in molti casi il successo su questa strada sia realisticamente difficile se non impossibile da raggiungere: quello che è certo è che nessuno si sognerà mai di riconoscergli diritto di violare e violentare altra gente a suo piacimento solo perché (poveretto) questo è quello che lui stesso ha subito quando era piccolo ed indifeso.

Ma dopo 66 anni dobbiamo ancora parlare di questo?
Dovremo continuare a parlarne finché l'ultimo palestinese sarà morto?

Eppure la terra, l'acqua, l'aria appartengono a tutti: ma si uccide per accaparrarsi la terra, si inquinano l'aria e l'acqua per inseguire la ricchezza ed i genocidi si ripetono ciclicamente nella storia.
L'unico conforto a questa amarezza è che infine nessuno di noi, compresi quelli che si arrogano il potere divino di vita e morte sul proprio prossimo, proprio nessuno di noi vivrà in eterno e la storia prima o poi farà giustizia almeno nella memoria dei figli dei nostri figli.


Tutte le religioni (ebraica, mussulmana, buddista e cristiana) hanno questo comandamento: Non uccidere! 


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