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L'incubo della censura


           disegno di Patrizia Ascione                             
Si parla molto di questi tempi di manipolazione della informazione ed anche di matite e  di censura per la satira in particolare, specie dopo la strage del Charlie Hebdo: insomma che si tratti di penne o matite, sembra  se la passino male di questi tempi.
L'informazione libera è una delle umane utopie: anche chi scrive deve fare la spesa e mettere il piatto a tavola, sicché è abbastanza scontato che se ti fai pagare per scrivere, scrivi quello che piace a chi ti paga, così come se dipingi un ritratto per un committente che lo acquisterà, devi fare in modo che il ritratto gli piaccia, difficile che sia disposto a comprarlo altrimenti!
Ma tutto questo non è nulla di nuovo: la cultura non è un qualcosa  di redditizio o produttivo in se stesso, come il coltivare la terra, bisogna saperla presentare e vendere, sia ai visitatori di un museo che agli acquirenti di un quadro o di un libro.

Inutile storcere il muso e prendersela con giornalisti e vignettisti: la cultura e l'arte sono sempre stati in vendita ed hanno sempre rappresentato il lusso di chi se lo poteva permettere almeno fino al Rinascimento, ma anche dopo, almeno fino alla scolarizzazione di massa... insomma chi mai lo avrebbe immaginato che una persona colta capace di leggere e scrivere o anche dotata di talento artistico dovesse poi trovarsi nella necessità di vendere la propria matita al miglior offerente (purché ci sia un offerente) e pertanto fare quello che gli viene commissionato e/o richiesto?


Stando così le cose c'è da ritenere che la maggior parte delle persone che scrivono o disegnano si autocensurino per riuscire a produrre qualcosa di gradito e vendibile:
vendibile a chi? A chi ha denaro per comprare ovviamente!
Eppure, come del resto è sempre capitato nella storia, quel qualcosa come amore di verità, di logica o di bellezza rimane comunque la scintilla di ogni autentico talento, ma accade anche che qualcosa che piace ad un pubblico ampio sia sgradito ad altri e così succede  che la matita abbia a scontrarsi con la censura... che dico scontrarsi? Darsela a gambe levate, magari....

Prendiamo la pornografia ad esempio: non c'è dubbio che trovi mercato ed è altrettanto fuori dubbio che sia soggetta a censura: voi mi direte che questo è giusto perché la pornografia è perversa e disgustosa e nessuno potrà mai darvi torto, anzi vi dirò di più, la pornografia è nociva e può danneggiare e distorcere l'immaginario delle persone su determinati argomenti (già sappiamo quali) in una misura tale da rendere quelle persone capaci di nuocere ad altre, più o meno consapevolmente, magari figurandosi che certe concezioni e  comportamenti siano abituali e diffusi fra tutti.
Vox populi, vox dei, come si dice, se così fan tutti....

E che ne pensate invece delle barzellette delle quali si è riso per anni sulla incapacità delle donne alla guida, sulla stupidità dei carabinieri, sulla puzza dei meridionali e dei neri.... poi arriva la censura.
Voi mi direte che le barzellette contro le donne sono sessiste, quelle contro i neri razziste, poi ci sarebbero anche quelle omofobe... nessuno ha nulla da dire sui carabinieri?
Vogliamo parlare della satira religiosa o politica?
Diciamo la verità: la satira per se stessa una punta di perversione la contiene, ma spesso anche più di una punta di verità: il limite naturalmente sarebbe nel rispetto dell'altro.
Qui vi volevo: se la satira trova la sua missione proprio nel dissacrare, additando e ridicolizzando le debolezze di un altro, allora è irrispettosa e ribelle per sua natura.
Una satira rispettosa sarebbe un paradosso, una contraddizione in termini praticamente.
Da un punto di vista filosofico e matematico non esiste: un'equazione impossibile o un limite tendente ad infinito (fate un pò voi...).
Certo è una questione di stile: si può essere leggeri o grotteschi, ma diciamo la verità, è anche una questione di rapporto di forza.
Le barzellette sulla guida femminile sono diventate sessiste solo da alcuni anni e così per altre cose, altre invece, non hanno ancora la desinenza in -iste, ma magari l'acquisiranno tra un pò: tutto è relativo, come ci ha insegnato Einstein.

Il caso specifico della nostra matita è particolarmente penoso: mi auguro infatti non vi sia sfuggito che è inseguita da una gomma per inchiostro.
Un rapporto di forza certamente impari, poveretta...

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