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Il mistero della mamma scomparsa (parte decima)

Salva era fatta così: era proprio nei momenti più critici che riusciva a girare in tondo, perdere tempo, imboccare percorsi tortuosi e... dormire, il piacere del sonno e del suo soffice letto non suscitavano mai in lei tanto entusiasmo quanto in quei momenti particolari, quando cioè c'era qualcosa di urgente da risolvere o qualche decisione da prendere.
La cosa strana era che quando il riposo cominciava ad annoiarla allora si avviava a fare qualcosa di risolutivo, ma senza averci affatto pensato prima: sembrava quasi che utilizzasse gli agiti piuttosto che il pensiero per conoscersi e capire cosa voleva realmente per se stessa.
Forse c'era stata qualche eccezione a questa linea di condotta, ma non si verificò alcuna eccezione in questo caso: Salva aprì gli occhi col sole già alto, si crogiolò ancora un pochino tra le coltri, prese tutto il tempo che le serviva per lavarsi e rassettarsi, quindi si gingillò a lungo tra le sue suppellettili , raccolse alcune piccolezze e gli  effetti personali indispensabili in uno zaino a spalla, cercando di tenersi leggera ed infine raccolse il plico consegnatole da Sara la sera prima, si sedette sul letto e lo aprì.
C'erano effettivamente due foto, che raffiguravano lei stessa col volto fresco, sorridente e spensierato, insieme con un uomo ed un bambino davanti ad un casolare in aperta campagna: si sentì attraversare da un brivido così fulmineo da risultare indolore, come una lama affilatissima che la tagliava in due dalla profondità del ventre fino alla gola, ecco: si fermò proprio in gola come un boccone enorme che le stroncava il respiro soffocandola.
Un attimo e perse i sensi: si riebbe tra grida e trambusto sulle scale con un sapore dolciastro sulle labbra, impiegò alcuni minuti per realizzare che Sara stava chiamando a gran voce il vecchio medico, mentre con un panno umido le asciugava dal volto il sangue che scendeva da una ferita alla tempia: doveva avere urtato qualcosa cadendo, pensò Salva, ma nulla avrebbe potuto irritarla di più che quello stupido svenimento proprio mentre stava per uscire, in realtà temeva che Sara ed il dottore avrebbero colto l'occasione per impedirle di muoversi e trattarla come una povera matta.
Con un gesto deciso prese il panno umido dalle mani di Sara e si tirò su a sedere sul pavimento:
- Non è successo nulla - mentì - sono solo scivolata -
Sara non rispose e si limitò a guardarla senza parlare, ma si capiva benissimo che non credeva una virgola delle parole di Salva, nel frattempo sopravvenne il vecchio dottore, che bussò con la sua abituale discrezione alla porta socchiusa: Sara fissava le foto sparse sul pavimento e Salva si affrettò a riporle nello zaino, quindi la porta fu spalancata. Le donne mantennero un silenzio complice: il vecchio non sapeva nulla di quanto accaduto tra loro e nulla gli fu spiegato, se non la storia dell'inciampo e della scivolata, che lui sembrò prendere per buona, aiutò Salva a medicarsi la fronte, le fece alcune domande di rito e quindi, notato lo zaino, le domandò dove intendesse andare.

Salva gli spiegò che intendeva recarsi al paese vicino, c'erano alcune ore di strada e quindi si sarebbe messa in cammino subito: come c'era da aspettarsi i due anziani le consigliarono di rimandare tutto almeno al mattino seguente, visto che si era appena ferita la testa e... ma Salva non sentì ragioni, si sforzò di essere dolce e rassicurante, aggiunse nello zaino disinfettanti, garze e cerotti, ringraziò e salutò calorosamente, promettendo di tornare presto ed infine varcò la soglia.

La giornata era limpida, la luce sbiadiva le tinte del cielo, screziato a tratti dai cenci velati e candidi delle nubi che accompagnano i giorni di sole, ma l'aria era fredda, animata da sbuffi di vento che sembravano provenire da distese di ghiaccio e l'erba ancora umida delle rugiade, Salva ne ebbe presto le scarpe fradice: non erano calzature adatte per camminare nei boschi, si ritrovò a pensare con disappunto e le sarebbe toccato camminare in quel modo per diverse ore.
Decise di fermarsi per togliere le scarpe: seduta su un sasso, tirò fuori dallo zaino i vecchi cenci del fagotto consegnatole da Sara, si asciugò e trovò alcune paia di vecchie calze, corte di lana grossa e rammendate, sorrise, riconoscendo nella precisione delle cuciture la mano della vecchia governante, certo laboriosa, capace ed efficiente, benché innegabilmente predisposta ad un certo dispotismo... il sorriso le si allargò, si sentiva soddisfatta ed ormai fuori dalla portata della coercitiva saggezza della vecchia.
Ma come avrebbe calzato adesso i piedi asciugati con cura e protetti dalle calze? Le scarpe erano proprio bagnate e non ricordava di averne portate di ricambio: decise di usare alcuni sacchetti di plastica nei quali aveva infilato per tenerli separati, ninnoli ed altre cose, ma aveva bisogno di creare uno spessore protettivo intorno ai piedi, così indossò tutte le calze che aveva nello zaino e quindi impermeabilizzò il malloppo avvolgendo il tutto in due sacchetti di plastica sovrapposti per ciascun piede, legò le scarpe allo zaino con i lacci, tenendole all'aria nella speranza che prima o poi si asciugassero.
Certo non doveva avere un aspetto elegante si ritrovò a pensare nel mentre riprendeva il cammino, eppure si era preparata con tanta cura per uscire, aveva perfino dato un filo di trucco agli occhi ed alle labbra... e fu così che camminando camminando, Salva scoppiò a ridere, una risata irrefrenabile, sonora, che fece scappare via gli uccelli dalla chioma dell'albero che la sovrastava, fuggirono a frotte tra lo stormire delle foglie ed il battito di ali, ma lei rideva, rideva, le venne in mente che se qualcuno l'avesse vista così sola camminare in aperta campagna con i piedi imbustati  e presa com'era dalla convulsione del riso, allora si che l'avrebbe considerata matta, ma matta come un cavallo e quest'idea non solo non la sgomentò, ma la fece piegare addirittura in due e battere i piedi al suolo! Poco mancò che non danneggiasse le sue improvvisate calosce, ogni tanto singhiozzava per prendere fiato, ma andò avanti così per un bel pò senza smettere né di camminare, né di ridere.

Quando finalmente si riebbe si sentiva inspiegabilmente più leggera: tutto le appariva più semplice e naturale, anche se, a dire il vero, malgrado l'emozione violenta vissuta nel guardare le foto, quei volti non le avevano ricordato nulla e fin qui poteva solo procedere con congetture...

Commenti

  1. Ciao Clara,
    ti comunico che ti sto detestando... No, non è vero, però non farmi aspettare un'era geologica per l'undicesima parte, per favore! Mi sto appassionando (non lo ero già, no no)
    Baci baci e buona serata :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io invece ti adoro piccola studentessa universitaria :-D mi fai sentire così giovane! Che dici: una puntata a settimana ti soddisfa?

      Elimina
    2. Be' per una settimana posso anche resistere, dai ;)
      P.S. Ti ringrazio per il "piccola" ma la verità è che sono abbastanza in ritardo sulla tabella di marcia universitaria, per cui, pur non essendo grande, non sono più nemmeno una ragazzina *Sig sig*

      Elimina

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