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Vittime, carnefici e vittimisti.

Ciascuno di noi possiede una scala di valori... no, so cosa state per dire: non tutti sono portatori di valori nel senso etico del termine, esistono persone che sono del tutto immorali e prive di scrupoli. D'accordo è vero, ma io non intendevo valori come ideali cui improntare il proprio stile di vita, io intendevo proprio quella struttura (solitamente piramidale) dove ciascuno di noi (delinquenti compresi) colloca ordinatamente ciò che considera  importante, distribuendo sui diversi gradini quello che conta di più o di meno, secondo il suo particolare giudizio.
Ogni persona elabora una propria scala più o meno diversa da quella degli altri, benché gruppi culturalmente omogenei possano presentare in questo (almeno per l'apparenza) similitudini ed analogie di fondo.

Ma non è tutto: ciascun individuo è portato ad analizzare la realtà secondo chiavi interpretative che convalidino la propria struttura mentale e che... in qualche misura tornino anche vantaggiose nell'acquisire una considerazione positiva di sé e/o di altri affettivamente legati.

Va detto che quest'ultima componente (che può indurre a scotomizzare del tutto alcuni aspetti, a rimuovere e manipolare ricordi o all'inverso a sopravvalutare dettagli utili e coerenti alla propria lettura di realtà) non sempre o meglio, quasi mai, gioca ad un livello di immediata consapevolezza, né potrebbe farlo: pena l'invalidazione del giudizio con conseguente inaccettabile coscienza della mistificazione...

Accade così che nella economia delle relazioni sociali la maggior parte delle persone mostrino una spiccata attitudine a sopravvalutare ciò che offrono e danno agli altri, minimizzando d'altro canto quello che invece ricevono o hanno ricevuto: insomma non troverete mai due persone che sono realmente d'accordo sul computo dei debiti e dei crediti rispettivamente maturati nel corso della loro  relazione ed inoltre più profonda e di maggiore durata è la relazione, più si dimostra vero questo assunto.

Normalmente, ma soprattutto quando emergono malesseri e disfunzioni, ciascuno è convinto di avere dato tanto e ricevuto poco, insomma di essere stato in qualche modo truffato dalla vita o dalle persone cui aveva accordato fiducia. Il rapporto di forza presente nella relazione  ne definisce alcune dinamiche: chi si trova in posizione subalterna e/o svantaggiata potrà sentirsi in qualche misura abusato e sfruttato e pertanto vorrà scaricare sull'altro le negatività ed i disagi, considerandolo carnefice o persecutore, viceversa chi gioca un ruolo dominante avrà facilmente l'opportunità di svalutare la sofferenza dell'altro, squalificandola come vittimismo.

Con questo non intendo sostenere che non esistono realmente vittime e carnefici, né che non esistano persone con attitudini vittimistiche: dico soltanto che nel valutare le situazioni è importante considerare con attenzione i dati di realtà da un lato, i vissuti di ogni individuo dall'altro ed ancora (la terza dimensione) l'effetto sui gruppi sociali di riferimento, ovvero sugli osservatori od interlocutori di diverso tipo, insomma l'impatto, come dicevo, che l'atteggiamento vittimistico o viceversa persecutorio ottiene in rapporto alla costruzione di alleanze (suscettibili a loro volta di modificare nella realtà i rapporti di forza).
A mò di esempio mi torna in mente la storiella, girata in rete tempo fa, di un diverbio, avvenuto su twitter tra un personaggio famoso ed un signore qualunque con un esiguo numero di followers: quest'ultimo venne deriso non in merito ai contenuti ed all'argomento del contendere, ma per il suo essere un signor nessuno con non più di una ventina di contatti.
L'esito della discussione fu che il signor nessuno guadagnò in poche ore migliaia di followers solidali con lui ed indignati per l'arroganza dell'altro.

Il pianto fa gioco (e l'arroganza fa antipatia) si dice ed è possibile che sia vero dato che il pianto colpevolizza l'altro e pertanto ne compromette emotivamente il giudizio.
Il vittimismo pertanto può anche essere adoperato (più o meno consapevolmente) come strumento  capace di richiamare le alleanze dei paladini dei deboli (almeno nominalmente numerosi nelle scale di valori della nostra cultura) e di indurre sensi di colpa negli accusati, col risultato di minarne la sicurezza, indebolirli ed esporli alle manipolazioni. Gli psicopatici di solito non provano alcun senso di colpa, cionondimeno possono essere molto intelligenti, le persone con una emotività equilibrata invece, possono mettersi in discussione e colpevolizzarsi.
Il vittimismo  quindi può essere utilizzato anche sistematicamente  da persone capaci di servirsi prevalentemente della manipolazione per dominare e/o acquisire alleanze.

Molto dipende dalla struttura di carattere ed ancora una volta dalle scale di valori interiorizzate dalle persone: alcuni ad esempio, preferiscono  offrire una immagine forte di sé, tanto a se stessi che ad altri (l'immagine di debolezza associata alla posizione di vittima viene considerata inaccettabile) e di fatto arrivano oggettivamente subire molte ingiustizie e soprusi senza lamentarsene pur di conservare ciò che considerano la propria dignità.

Dall'altro lato il carnefice, che desidera tutelare la sua posizione dominante e non mettersi in discussione, può liquidare ovvero squalificare, come vittimismo qualunque ribellione, denuncia o lamentela venga dagli altri e senza dubbio in alcuni gruppi sociali che valorizzano appunto la competitività e la forza, anche questo presentarsi come figure vincenti, attrae consensi ed alleanze, in parte per timore ed in parte per calcolo di convenienza.

Il fatto è che malgrado gli equilibri e squilibri di forza non siano interamente eliminabili dalle relazioni umane, i rapporti tra persone non dovrebbero fondarsi ed irrigidirsi esclusivamente su questo tipo di struttura, che è quanto meno riduttiva rispetto alla possibilità di esprimere tutta la vasta gamma di emozioni ed interazioni tra individui, tanto da finire per precludere una reale conoscenza dell'altro.



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