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Imparare dall'esperienza

Follia è fare sempre la stessa cosa ed aspettarsi risultati diversi: ecco una frase attribuita ad  Albert Einstein che certamente dice qualcosa, ma ne tace altre. Il fatto è questo: se uno fa sempre la stessa cosa in condizioni standard, ovvero in situazioni sperimentali di laboratorio con tutte le variabili controllate, probabilmente avrà lo stesso risultato, ma non è proprio detto, tant'è vero che appunto in questo modo in laboratorio si verifica la riproducibilità di un esperimento e pertanto la veridicità della proposizione che se ne può desumere. Voglio dire che se ne fossimo sicuri di ottenere proprio lo stesso risultato, l'esperimento mica sarebbe necessario! Il fatto è che invece nella nostra vita quotidiana noi possiamo fare sempre la stessa cosa, ma... il contesto non sarà mai lo stesso e fare la stessa cosa in contesti diversi può (anche) sortire risultati diversi in base alle variabili in gioco. 

Non ci si può bagnare due volte nella stessa acqua diceva Eraclito e questo è sicuramente vero, perfino nell'acqua stagnante qualcosa cambia, c'è deposito di polveri e detriti, evaporazione e Dio sa cos'altro, ma, ancorché stagnante, l'acqua tra pochi minuti non sarà la stessa di adesso. Eppure anche nel quotidiano, malgrado la mancanza delle condizioni sperimentali standard, alcuni di noi sono capaci di imparare dall'esperienza, tant'è vero che abbiamo sviluppato la nostra intelligenza proprio come funzione di adattamento all'ambiente. L'adattamento presuppone un certo tipo di maturità ed elasticità ed è una parte fondante di ogni meccanismo di apprendimento:  l'insuccesso ovvero l'esperienza negativa, per così dire, è una occasione di apprendimento, noi possiamo imparare da questa esperienza o quanto meno provarci.

La chiave in questo caso consiste nel rivalutare la situazione e riorganizzarsi: questo è difficile ad alcune persone, non perché siano stupide o prive di immaginazione (nel qual caso basta guidarle) ma perché, magari a causa di un qualche disagio emozionale, hanno da tempo adottato meccanismi di difesa rigidi, che non gli consentono di cambiare o mettere in discussione il proprio operato facilmente, per cui si trovano a vivere in una trappola mentale che li obbliga a reiterare i propri errori.

Sii fedele a te stesso, così scherzava Watzlawick: peccato che questo fosse appunto il primo comandamento delle sue famose  "Istruzioni per rendersi infelici"... Il fatto è che nessuno vive senza peccato e senza errore e perciò rifiutarsi di riconoscere i propri errori significa condannarsi a ripeterli per tutta la vita, il che spiega l'infelicità e/o l'insuccesso di parecchie persone fra noi. Spesso quindi il primo passo consiste proprio nell'acquisire la maturità necessaria a fare i conti con la realtà: a dire il vero la parola errore non dovrebbe essere usata perché risulta svalutante ed inaccettabile per alcuni, si tratta in effetti di comportamenti non adatti in determinati contesti e rispetto ad alcune realtà, ma non necessariamente sbagliati in se stessi. 

La realtà ha due versanti di solito: quello interno e quello esterno, alcuni comportamenti non adatti possono essere legati alla sopravvalutazione della realtà interna rispetto a quella esterna o viceversa. Ad esempio: io sono distratta (vero) dimentico la torta nel forno, di conseguenza la torta si brucia, se considero la realtà interna (tendenza a distrarsi) qualcosa di immutabile su cui non sono disposta ad intervenire, è probabile che io bruci tutte o la maggior parte delle mie torte. A questo punto ho alcune possibilità di scelta: 1) metto un megafono al timer (uso un supporto esterno per rinforzare la mia attenzione) 2) mi sforzo di modificare, almeno temporaneamente, durante la cottura della torta, la ma caratteristica distrazione, sforzandomi di imporre a me stessa una regola, 3) decido di cuocere la torta a temperatura più bassa dandomi più tempo per ricordarmene, 4) rinuncio a fare le torte, 5) lascio che le torte si brucino, sciupando ingredienti e lavoro. Tranne che nelle ultime due ipotesi, io sto facendo uno sforzo di adattamento.

Ma... abbiamo saltato un passaggio: io ho dato per scontato che la torta si sia bruciata perché l'ho dimenticata, ho quindi omesso di rivalutare la situazione e di analizzare tutti i possibili motivi che hanno fatto bruciare la torta, fondandomi su un pre-giudizio, ovvero un giudizio formulato senza avere analizzato correttamente tutta la situazione. Infatti la causa più probabile di comportamento non adatto è proprio il pregiudizio: di conseguenza io, dopo essermi sforzata di stare attenta, potrei sfornare la torta ugualmente bruciata (perché magari il forno era comunque troppo alto per quel tipo di impasto) e maturare quindi l'errata convinzione che le torte mi odiano. Cioè se vogliamo evitare di usare la parola errata, possiamo dire convinzione disfunzionale, nel senso che si tratta di una conclusione, che non mi aiuterà affatto a migliorare la mia arte dolciaria, né la considerazione che ho della mia abilità, quindi disfunzionale decisamente!

Prima di fare tutto il lavoro necessario ad  aggiustare il tiro e ricalibrare il mio comportamento verso l'obiettivo, conviene fermarsi a rivalutare. Nel caso della torta bruciata le ipotesi sono sostanzialmente due: o è rimasta troppo a lungo nel forno o la temperatura era troppo alta. Una situazione semplice, se vogliamo, benché indovinare la temperatura giusta potrebbe richiedere  più di un tentativo. In molte altre situazioni della vita invece le ipotesi sono più di due e questo è importante capirlo in anticipo per evitare delusioni e conseguenti convinzioni disfunzionali o insomma erronee, diciamo la verità, perché sapete? Non bisogna avere paura delle parole, sennò facciamo la fine poco ambita dei sequestrati di Altona ed il fatto è che la realtà esiste quando noi riusciamo a riconoscerla e descriverla con le parole, ma non smette di esistere quando noi non riusciamo o ci rifiutiamo di farlo e probabilmente nel secondo caso è più difficile riprenderne il controllo: molto meglio riconoscere un errore e correggerlo, piuttosto che non riconoscerlo e perpetuarlo in eterno...

Commenti

  1. Ciao carissima, ti avevo perso ed è un piacere ritrovarti .. nonostante mi sia scritta ai tuoi lettori tu non risulti fra i blog che seguo .. lasciamo perdere sono un chaos lo so.
    Comunque ora ti ho messa nei preferiti sul mio pc e non ti mollo più :D Non è una minaccia :D
    Un bacio.
    Marina

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    Risposte
    1. In effetti sono abbastanza incostante nelle pubblicazioni (passo giornate intere senza neanche aprire il pc, e non ti dico la posta... sob!) sarà questo, però grazie! Sei molto cara. Buona serata.

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  2. Ho imparato che nulla è immutabile a partire dalle mie azioni e comportamenti.
    E ogni errore è motivo di crescita.
    Se la mia torta brucia, prestando attenzione a tutto quello che ha portato all'evento finale, proverò di nuovo.
    Ma potrebbe sempre esserci un fattore esterno, non dipendente dalla mia volontà a far si che succeda di nuovo.
    L'importante è non demordere, né farsi abbattere da quelli che, semplicisticamente, chiamiamo "fallimenti".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo, ma per fare questo devi sapere che puoi farlo e ne hai la capacità: se crolla l'autostima è dura, ma hai ragione: l'importante ed anche il difficile è non demordere...

      Elimina

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