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Il Presidente Mattarella ricorda oggi le vittime del lavoro

In occasione della 67° giornata nazionale degli infortuni sul lavoro, il presidente Mattarella oggi ha espresso il suo monito: "«Il nostro Paese non può rassegnarsi a subire morti sul lavoro. E' indispensabile che le norme sulla sicurezza nel lavoro vengano rispettate con scrupolo e che i controlli siano attenti e rigorosi». Certamente le sole parole non bastano, specie per chi ha perso la vita nella speranza di guadagnarsi di che vivere, specie per le famiglie che hanno subito la perdita di un padre o di un figlio in un infortunio sul lavoro. L'augurio è che alle parole seguano i fatti e che le buone intenzioni non cedano il passo alle pressanti richieste di un mercato del lavoro, che da tempo si sforza (e riesce) a livellare verso il basso dignità e diritti dei lavoratori in nome di quella globalizzazione che "delocalizza" le produzioni verso i paesi dove il lavoro si acquista a prezzi da fame.

La ricorrenza  nazionale per le vittime del lavoro è stata istituita formalmente dal 1998 nella seconda domenica di Ottobre, con direttiva del Presidente del Consiglio su richiesta dell'ANMIL (Associazione Nazionale fra lavoratori mutilati ed invalidi del lavoro) e quest'anno è stata celebrata a Cagliari con una manifestazione di rilevo nazionale, ma anche con tante altre iniziative che hanno riguardato tutte le sedi associative distribuite sul territorio italiano. "Cambiamo la storia" è lo slogan lanciato quest'anno: una storia, tante storie ignorate dai media e dalla maggior parte della gente.

In base alle statistiche pubblicate da Vega Egineering da Gennaio ad Agosto 2017 ci sono state 682 morti bianche (491 sul posto di lavoro e 191 in itinere) quasi tre morti ogni giorno, morti che non fanno "notizia", perché sono veramente troppi: le regioni maggiormente colpite sono l'Emilia Romagna e la Lombardia con 60 e 51 morti rispettivamente. In rapporto allo stesso periodo del 2016 l'aumento è del +4,8% una ecatombe silenziosa, che si consuma sui luoghi di lavoro e nelle case delle famiglie colpite: storie che difficilmente affiorano agli onori delle cronache. La valutazione dell'Osservatorio indipendente di Bologna sulle morti bianche è ancora più drammatica: 519 morti censite sui luoghi di lavoro ed altri 551 in itinere, 1070 in tutto. Secondo l'Osservatorio la discrepanza rispetto ai dati INAIL si spiega col fatto che alcuni di quelli da loro censiti sono lavoratori in nero o comunque non assicurati INAIL e pertanto invisibili nelle statistiche ufficiali. 

In tutti i casi resta il fatto che le morti bianche sono troppe ed in aumento rispetto agli anni passati. La crisi economica, la riduzione di tutele e diritti, le condizioni di precarietà e ricattabilità dei lavoratori, il jobs act, i licenziamenti e tutti i provvedimenti legislativi che hanno penalizzato il settore del lavoro per "incoraggiare gli investimenti" nel nostro paese hanno appunto favorito qualcosa: la diffusione della povertà e con essa la disponibilità delle persone a lavorare in qualsivoglia condizione mettendo a rischio anche la propria vita. L'approfondimento della forbice sociale con ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più affamati è un'amara ironia in un epoca che vuole sdoganare le ideologie di sinistra, fondate sul principio della esistenza di classi sociali, come superate ed anacronistiche: ma forse dovremo adattarci anche a questo, forse non esistono più proletari e borghesi, ma solo padroni universali con investitura divina e servi della gleba. Non è che sembri proprio un progresso...

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